La Catalogna, Maroni, Zaia e Alberto di Giussano

La Catalogna, Maroni, Zaia e Alberto di Giussano

Il 22 ottobre referendum per maggiore autonomia delle due regioni

Non è stata certo una buona premessa, quella che la Catalogna ha fornito ai referendum che si celebreranno il 22 ottobre in Lombardia e Veneto.

Matteo Salvini corre ai ripari, assicurando a destra e a manca che la prova elettorale che si sta per concretizzare in Italia non ha nulla a che vedere con quella catalana. Il che è senz’altro vero.

I due governatori, entrambi facenti riferimento alla Lega Nord, chiedono in pratica una maggiore autonomia, e non certo l’indipendenza.

Insomma tutto si riduce ad una “questione di soldi”. La possibilità di gestire un maggior cespite fiscale è alla base della richiesta. Con buona pace di chi predica differentemente.

Il discorso fatto dalla Lega Nord, però, penalizza neanche troppo indirettamente le altre regioni. Anche quelle del Nord, come Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Per non parlare di Friuli e Trentino. Segno di un occhio particolare della Lega per queste due realtà.

Certo, si dirà che la richiesta parte dalle due regioni amministrate da leghisti. Ma in realtà i soldi verranno comunque sottratti a tutti: “nordisti” e “sudisti”.

Il Referendum, proprio perché non ha valore vincolante, non ha bisogno di alcun quorum. Sarà valido anche se a votare andasse per assurdo una sola persona.

Una posizione un po’ fragile. Proprio come l’inno padano. Gran capolavoro di Giuseppe Verdi, ma nato per esortare l’unione nazionale. Anche perché oggi il suo significato può apparire quello di un coro di Ebrei sconfitti. Nulla a che fare col Carroccio!

Fragile esattamente come l’immagine dell’uomo simbolo del carroccio: Alberto di Giussano.

Alberto di Giussano, come personaggio storico, non è mai esistito

Occorre essere chiari, anche per rispetto della storia. Alberto di Giussano non è mai esistito. E chi ha studiato la Storia lo sa bene. Si tratta infatti di una figura leggendaria, creata dai maggiorenti della Lega Lombarda del XIII secolo per contrapporre il fascino di un eroe al nemico, Federico Barbarossa. Che guarda caso non era “terun”, ma tedesco.

La battaglia di Legnano, quella si che ci fu. La Lega Lombarda, quella vera, quella storica, combatteva per un ideale di unione e di libertà. Non certo per un separatismo ora sbandierato (per prendere magari i voti degli scontenti), ora sconfessato, quando il referendum può attirare antipatie.

Insomma il referendum catalano è una manovra politica. Quello Veneto-Lombardo una strategia partitica.

Innanzitutto, e questa volta per amore di verità si deve specificare che il referendum che si svolgerà il 22 ottobre è legale. E quello catalano, a rigor di legge non lo è stato.

La nostra Costituzione prevede la richiesta di consultazione referendaria da parte delle Regioni che ritengono di dover domandare maggiori competenze. Una volta votato, e in caso di vittoria autonomista, è previsto che si apra un tavolo con il Governo. Ma il voto e il risultato, ripeto, NON sono assolutamente vincolanti. La parola passerà nuovamente alla politica. In pratica Zaia e Maroni investono milioni per avere una posizione un po’ più forte al futuro tavolo delle trattative con il Governo. E “comprarsi” (naturalmente in accezione politica) più poteri per il governo regionale.

In Catalogna, invece, il referendum,  essendo separatista, non è ovviamente contemplato dalla Costituzione, come non lo è dalla nostra. Il presidente della Generalitat, Puigdemont, gli ha invece attribuito un valore politico e di scelta da parte della sua gente. E, se non vi saranno trattative che lo eviteranno, si avvia a proclamare unilateralmente l’indipendenza della Catalogna.

Le ragioni separatiste

I motivi, seppur anche in questo caso economici, arrivano da lontano. Da quando nel momento formativo degli ideali europei, in pieno medioevo, la Catalogna seguì l’influenza culturale dei Carolingi e del Sacro Romano Impero. Quando gli ideali dell’Europa videro la luce, la Catalogna vi aderì. Al contrario del resto della penisola spagnola, allora ancora sotto l’influenza araba.

Non si tratta di un ricorso storico trascurabile. Anche se successivamente per merito dei sovrani cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona nacque la cattolica Spagna.

In realtà usi, costumi, tradizioni e sentimenti, compresi quelli culturali, dei catalani, non si sono mai integrati nello spirito unitario spagnolo. In un modo molto diverso dal processo di accorpamento culturale che sta avvenendo in Italia.

Le posizioni dei partiti della sinistra catalana sono contrastanti. Segno che le ragioni sono politiche.

 

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